martedì 5 maggio 2009

Giovani Serbi e Kosovari nel Parco Nazionale d'Abruzzo Lazio e Molise per la

Giovani Serbi e Kosovari nel Parco Nazionale d'Abruzzo Lazio e Molise per la coesistenza interEtnica

Pescasseroli. - Dodici giovani di età compresa tra i 18 e i 21 anni provenienti da Serbia e Kosovo, di cui 8 rappresentanti delle comunità di maggioranza serba e albanese e 4 delle minoranze, sono i concorrenti di "CooperaTiVa", un ironico programma televisivo realizzato nei Balcani la scorsa estate e andato in onda tra l'autunno e l'inverno sulle emittenti nazionali B29 in Serbia e RTK in Kosovo. In ciascun episodio, le due squadre interetniche erano impegnate per il superamento di prove finalizzate al coinvolgimento dei giovani in problematiche sociali e ambientali. Le due squadre si sono trovate, quindi, a ripulire una spiaggia, a raccogliere fondi per mandare a scuola i bambini Rom, a realizzare una campagna antifumo o a svolgere attività agricole in un contesto rurale tradizionale. Tappa finale è un viaggio-studio in Italia finalizzato alla formazione dei giovani in materie ambientali. L'esperienza in Italia ha l'obiettivo di consolidare ulteriormente i legami tra i giovani del gruppo interetnico e di dare loro una preparazione di base in modo da poter essere poi coinvolti nei progetti di cooperazione ambientale nell'Area Balcanica. In particolare, l'obiettivo è quello di coinvolgere i giovani nelle attività di una area protetta transfrontaliera tra Kosovo, Montenegro e Albania, il "Balkan Peace Park", e nelle attività per rendere autosufficiente dal punto di vista dell'energia elettrica una scuola tecnico-professionale a Peja/Pec in Kosovo. Durante la loro permanenza in Italia i giovani, accompagnati dal Presidente dell'Associazione Fare Verde Onlus, Massimo De Maio, sono stati ospitati dal 17 al 19 aprile nelle strutture del Parco Nazionale d'Abruzzo, Lazio e Molise e attraverso incontri ed escursioni con operatori locali hanno appreso informazioni sui temi della tutela ambientale del Parco come modello di riferimento per analoghe aree protette in via di costituzione nei Balcani. I giovani dei Balcani saranno coinvolti anche in momenti di scambio culturale con giovani italiani sui temi del volontariato e della partecipazione attiva alla vita delle comunità locali di appartenenza. Il progetto "CooperaTiVa" è stato finanziato da AED - Academy for Educational Development, una ONG statunitense con sede principale a Washington, D.C. (USA) e ha come obiettivo il superamento del pregiudizio etnico, attraverso il coinvolgimento dei giovani in una esperienza che li rendesse protagonisti del cambiamento e proponesse un modello culturale basato sulla tolleranza e il rispetto delle reciproche identità. Le attività ricreative, di formazione e di scambio culturale sono organizzate inoltre con il contributo del Ministero della Gioventù e dell'Assessorato alle Politiche Giovanili del Comune di Roma.

FONTE :http://www.parks.it/news/dettaglio.php?id=5492

Cognomi italiani slavizzati in Istria e Dalmazia

Cognomi italiani slavizzati in Istria e Dalmazia
La scorsa settimana ho ritrovato un vecchio amico di cognome Terlizzi. Nella conseguente lunga conversazione (erano anni che non ci rivedevamo) mi ha raccontato di alcuni membri della sua famiglia emigrati dalla Puglia a Ragusa di Dalmazia ai primi del Novecento ed ora completamente croatizzati. Ora si chiamano Terlizzich. Il mio amico si meravigliava del fatto che non parlano quasi l’italiano (e nemmeno il dialetto pugliese) e che si sentono “croati” al punto di rigettare in parte la loro origine italiana (anche se sotto sotto, mi diceva il mio amico, si sentivano molto legati alla cultura ed alla societa’ italiana).

Quello che maggiormente mi ha colpito e’ la croatizzazione del loro cognome : un “ch” aggiunto al cognome Terlizzi (che sarebbe una piccola cittadina vicino Bari) li ha resi slavi di colpo! Tutto questo mi ha ricordato quanto scritto da un illustre giuliano-dalmato negli anni cinquanta, il cui famoso scritto appare a continuazione:

SONO PROPRIO SLAVI I NOMI TERMINANTI IN ICH ?


(tratto da Rivista “Pagine Istriane”, organo delle Associazioni Istriane di Studi e di Storia Patria, Pola, anno 2°, III serie, n. 5 febbraio 1951, stampato a Trieste)


Gli Slavi pretendono che la desinenza ich in cui terminano tanti nomi di località e di famiglie istriane sia una caratteristica slava e perciò slavi tutti i nomi in essa terminanti e di origine slava tutti coloro che portano quei nomi. Tale pretesa è così universal­mente accettata che né in Istria e tanto meno in Italia, si è mai pensato di dubitare che i nomi termi­nanti in ich sieno decisamente slavi e solo nei casi più assurdi si ammette che l’ich sia stata appiccicata come ad es. in Fabbrich, Mianich, Marinich ecc.

Ora l’ich è una desinenza slava corrispondente al latino icus ma solo nella forma, diversa invece nella sostanza poiché 1′ich slavo aggiunto a un nome dà ad esso valore diminutivo e anche vezzeggiativo mentre l’icus latino indica la pertinenza. Bisogna poi sottolineare che l‘ich slavo è preceduto quasi sempre dal suffisso patronimico ov, ev cosicchè Za­revich, Alexievich, Petrovich indicano rispettiva­mente il «piccolo figlio» dello zar o di Alessio o di Pietro ecc. In latino invece l’icus aggiunto per es. a Italia, villa, magus dà italicus, villicus, magicus che significano fornito delle caratteristiche cioè apparte­nente all’Italia, alla villa, al mago. Va ora sottolineato che, tranne come detto sopra, l’ich slavo non ha altre applicazioni. Inutilmente cercherete nella Slavia nomi di località terminanti in ich, non ne troverete neppure nella vicina Slovenia né nella Val d’Isonzo, qualche rarissimo in Dalmazia mentre si addensano in modo sorprendente proprio nell’Istria occidentale entro una larga fascia da Trieste a Pola, proprio in quella parte dell’Istria cioè dove più profonde e più inconfondibili sono le vestigia di Roma e di Venezia. E’ logico ora che questo fatto dia agli Slavi un argomento, che ha tutta la parvenza della inconfutabilità, a dimostrare che l’Istria, appunto perché così ricca di nomi di famiglie e di località terminanti in ich, è la più slava di tutte le terre slave di questo mondo assai più slava addirittura della Slovenia la quale se ha pochi cognomi in ich, non ha alcun toponimo uscente in quella desinenza !


Anzitutto va notato che le ich dei nomi istriani e dalmati sono o autentiche o posticce. Cominciamo da queste ultime. Ai preti slavi che nel secolo passato l’Austria aveva chiamato in Istria, era facile compilare una fede di nascita in latino (usando magari anche errate forme di ablativo) e portare cognomi come Micheli, Fabbri, Lauri, Marini alle forme Michelis, Fabbris, Lauris, Marinis: ed era il primo passo. In un secondo momento quei cognomi, trattati da impiegati pure slavi, diventavano senz’altro Marinich, Fabbrich, Laurich, Michelich. E quale contadino po­teva avere argomenti da opporre a un prete prima e ad uno scrivano poi che in modo così elegante, giovandosi addirittura del latino, andavano alte­rando cioè slavizzando il suo cognome ? E quale per­sona onesta potrebbe oggi non togliere questi cognomi dal patrimonio onomastico slavo e restituirli a quello italiano cui indiscutibilmente appartengono ?

Questo per i nomi dalle ich posticce. Seguono quelli dalle ich autentiche, nomi di famiglie e di località e innanzi ai quali non si può non rimanere perplessi quando si considerino le loro radici le quali saranno tutto quel che si vuole tranne che slave. E raccogliamo gli esempi in tre gruppi: 1) Petrich, Marsich, Letich, Arich, Simich, Ostich, Cepich, Pavich, Mucich, Icich, Persich, Bursich, Sorich e Zorich, Sossich, Barbich, Diminich, Lovrinich, Gul­lich, Blasich, Zotich, Maurich, ecc. 2) Babich, Schaurich, Primch, Roghich, Gustich, Viscovich, Silich, Rusich, Bicich, Roinich, ecc. 3) Cociancich, Stanich, Motoancich, Resancich, Marsanich, Cancianich, Fabiancich, ecc.

Anzitutto osserviamo che gli stessi slavi, da sem­pre, tendono a pronunciare questi nomi in plurale e cioè essi stessi non dicono Cepich, Mucich, Icich ma Cépici, Múcici, Icici, ecc. ; in secondo luogo basta poco ad accorgersi che la radice di questi nomi o è italica o è grecanica o è barbarica ma assolutamente non slava; da ultimo osserveremo che i due ultimi gruppi di nomi qui citati ad esempio, sebbene non sembri, sono in realtà i più latini di tutti. Ma allora come spiegare l’autenticità delle ìch finali di tutti questi nomi ? Già abbiamo detto che in latino colui che apparteneva all’Italia o all’Iberia era detto italicus, ibericus. Per la stessa ragione abbiamo nomi come: Adriaticus, Veneticus, Histricus, Car­nicus, Flanaticus (da Fianona), Tarsaticus (da Fiume), ecc. Una antichissima divinità adorata in Istria era Sexomnia Leucítica; in lapidi romane del I secolo d.C. troviamo nomi come Túrica, Zóticus, Patàlicus o Pantàlicus; in altre lapidi romane del III e IV secolo d.C. troviamo nomi come Bóicus, Làmbicus, Bàlbica, Névica, Flaémica; in documenti istriani dell’alto Medio Evo troviamo nomi come Dominicus, Cancianicus, Mauricus, ecc. Ora, come per indicare che uno apparteneva alla città di Pola lo si dicevi polaticus e veneticus se apparteneva alle genti venete, così uno che, figlio o servo, apparteneva alla famiglia di Zotus era detto Zóticus, ed una della famiglia di Nevius era detta Névica, ed uno della famiglia di Cancianus era detto Cancianicus. E come oggi ancora in Istria, per indicare i membri della famiglia per es. Maraston o Bibalo, si dice i Marastoni, i Bibali, così per indicare in complesso la famiglia di un tale Caepius o Mucius si diceva i Cépici, i Múcici proprio come ancora oggi gli stessi slavi nativi dell’Istria tendono a pronunciare questi nomi senza troncare cioè in essi la i finale ! Ed ecco gli altri nomi (da noi citati nei due primi gruppi) in quella che doveva essere la loro forma primitiva e, in parentesi, il nome originante : Pétrici (Petrus), Màrsici (Marsus), Létici (Laetus), Arici (Arius), Símici (Simius), Óstici (Ostius), Pàvici (Pavus), Ícici (Icius) Pérsici (Persius), Búrsici (Bursus), Búrici (Burus), Sórici (Sorus), Sóssici (Sossus), Bàrbici (Barbus), Dimínici (Diminus), Lovrínici (Laurinus), Gúllici (Gullus), Blàsici (Blasus), Zótici (Zotus), Màurici (Maurus), Bàbici (Papius), Scàurici (Scaurus), Prìmici (Primus), Róghici (Trogus), Gústici (Augustus) Víscovici (Episcopus), Sílici (Silius), Rúsici (Drusus), Róinici (Rufinus), Bícici (Bicius). Aggiungeremo che alcune di queste forme primitive subirono delle alterazioni, foneticamente assai logiche, nonché delle aggiunte e così per es. Símici si contrae in Simci cui, o per eufonia o per vezzeggiativo o per voluta slavizzazione si appiccica una ich: Simcich. Così Laurinus, Laurínici, Laurinci, Laurenci, Laurencich. Sórici si contrae e poi si tronca in Sorch. Interessante è la derivazione di Primus: Prímici, Primch, Prinz. Scaurici (da Scaurus) si palatizza, arieggiando una forma tedesca, e diventa Schaurich. Bàbici diventa Bàici e Baicich.Per intendere invece il terzo gruppo dei nomi noi citati è necessario ricorrere al seguente classico esempio. Dopo le invasioni dei barbari, i popoli dell’ex impero romano non sentono più di potersi chiamare romani bensì soltanto un qualche cosa di simile, di approssimativo: non più romani ma romanici, poi romanci e oggi romanzi. Allo stesso modo i nomi del nostro III gruppo: Sextus (poi Sistus) era il padrone di un podere (praedium) e questo podere, per distinguerlo dagli altri, lo si chiamava, dal nome del proprietario, Sextanum (Sistanum) come Anca­rianum (Ancarano) da Ancarius, Mummianum (Mo­miano) da Mummius, Stronianum (Strugnano) da Stronius, Paulinianum o Pavonianum (Paugnano) da Paulinus o Pavonius ecc. Ed ecco che per indicare gli abitanti del Sistanum, padroni e servi, si diceva i Sistànici e poi Stànici. Allo stesso modo dal pro­prietario Cocceius abbiamo il Cocceianum e la fa­miglia dei Cocceianici che si contrae (come romanici in romanci) e diventa Coceianci, Cocianci, cui, per le ragioni viste sopra, si aggiunge una ich: Cociancich. Così Timótheus, Timotheànum, Motuanum, Motua­nici, Motoanci; Rhesus, Rhesanum, (da cui il nome del fiume Risano), Rhesànici, Resanci; Marsus, Marsanum, Marsànici; Cantius, Cantianum, Cantia­nici; Fabius, Fabianum, Fabianici, Fabianci, ecc

Si pensi ora agli Slavi che giungono in Istria e vengono a trovarsi innanzi a tutti quei nomi termi­nanti in ici: essi che posseggono la ich sono istinti­vamente, innocentemente portati a troncare l’ultima i di quei nomi. Essi cioè alla desinenza latina ici sostituiscono la loro desinenza slava ich il che è tanto più comprensibile se si considera che la ich slava ha un valore diminutivo, vezzeggiativo che si applicava molto bene a degli ormai poveri contadini di famiglie isolate nella campagna. Oltre a ciò gli slavi presero di peso nomi originali e li trattarono secondo la loro morfologia e così da Marcus, Gellius, Paulus, Faber, Blasus, ecc. vennero i rispettivi di­scendenti: Marcovich, Gelovich, Pavlevich o Pav­lovich, Fabbrovich, Blasevich, ecc. Lo stesso fenomeno che in Istria ha provocato tanti nomi in ici troncati poi in ich, lo si può osservare anche in Dalmazia e basteranno i seguenti pochi esempi: Lucich (Lucius), Livich (Livius), Hlodich (Claudius), Ciuvich (Cluvius), Gelich (Gellius), Galich (Gallus), Ciulich (Julius), Martich (Martius), Delich (Dellius), Pavlich (Paulus), Ursich (Ursus), Matich (Amatus); Radus, abbreviativo di Corradus, ha dato Radich mentre in Istria il diminutivo Corradino, Corradín si abbrevia in Radìn.E’ nostra convinzione che quella della razza o nazionalità non sia una questione di nomi o di sangue ma unicamente di sentimento. Noi non siamo così ingenui da rinfacciare ad un Bernardi o a un Poletti o a un Lenaz il fatto che si sentano slavi per quanto il nome Lenaz, ad esempio, ricordi così stranamente quello del pretore romano M. Popilio Lenas citato da Livio nel XLI 14. Ed è per questa nostra convin­zione che quasi ci fanno pietà coloro i quali si trovano a non possedere alcun altro migliore argomento da porre sulla bilancia delle “loro” rivendicazioni.
Guido Posar

fonte http://brunodam.blog.kataweb.it/2009/05/01/cognomi-italiani-slavizzati-in-istria-e-dalmazia/

giovedì 30 aprile 2009

Serbia-Montenegro/ Si va verso normalizzazione relazioni

Serbia-Montenegro/ Si va verso normalizzazione relazioni
di Apcom
Dopo crisi Kosovo, Podgorica pronta a nominare suo ambasciatore

Roma, 30 apr. (Apcom-Nuova Europa) - Il Montenegro nei prossimi giorni valuterà la nomina del proprio ambasciatore in Serbia. Lo ha detto il premier montenegrino Milo Djukanovic, prospettando così la normalizzazione dei rapporti diplomatici serbo-montenegrini dopo la crisi innescata lo scorso ottobre dal riconoscimento del Kosovo da parte di Podgorica. "Nei prossimi giorni valuteremo la questione della nomina dell'ambasciatore", ha affermato Djukanovic. Il premier montenegrino non ha quindi escluso il ritorno a Belgrado di Anka Vojvodic, che le autorità serbe avevano dichiarato persona non grata all'indomani del sì montenegrino a Pristina. Podgorica tuttavia è sorpresa dall'annuncio fatto dal ministero serbo degli Esteri, che ha annunciato l'apertura di tre consolati in Montenegro. Su questa questione, Djukanovic si è limitato a dire: "Quando ci arriveranno le richieste saranno sottoposte alla normale procedura". Il Montenegro è indipendente dal 2006: un referendum ha sancito la fine dell'unione federale con la Serbia. Nella piccola repubblica adriatica, i serbi costituiscono circa il 32 per cento della popolazione. In totale, gli abitanti sono circa 600mila.

fonte : http://www.wallstreetitalia.com/articolo.asp?art_id=716512

Rubano detersivi,denunciati due romeni

Rubano detersivi,denunciati due romeni

Sono stati sorpresi dalla vigilanza dopo aver rubato dei detersivi e prodotti per la casa al supermercato “Basko” di via San Giovanni D’Acri. Gli agenti delle volanti dell’ufficio prevenzione generale hanno perciò denunciato due rumeni di 33 e 27 anni, domiciliati a Genova, per furto in concorso. È successo ieri intorno alle 10.20.

fonte : http://ilsecoloxix.ilsole24ore.com/genova/2009/04/27/1202249235180-rubano-detersivi-denunciati-due-romeni.shtml

Ricordiamo Luca Iankovic, giovane Rom ucciso dal razzismo a Collegno

Ricordiamo Luca Iankovic, giovane Rom ucciso dal razzismo a Collegno
E' morto nelle acque del Dora, in località Collegno, ma la spiegazione ufficiale non convince

"Quella sera doveva andare a cenare in trattoria in compagnia di amici," spiega la moglie fra le lacrime, "ma non è più tornato a casa. Voglio sapere chi l'ha ammazzato, perché di certo non è annegato. Voglio sapere chi ha forzato la macchina di mio marito e buttato all’aria tutto all’interno, quella sera. Non mi convince la spiegazione che possa essere caduto nel fiume, perché quella sera i carabinieri hanno sparato almeno due colpi di pistola contro di lui. Perché nessuno mi comunica gli esiti dell'autopsia? Perché non si vuole fare chiarezza sulla sua morte?".

Ricordiamo Luca Iankovic, giovane Rom ucciso dal razzismo a Collegno
Torino, 30 aprile 2009. Il Gruppo EveryOne riceve segnalazioni sempre più frequenti di intimidazioni, violenze, abusi istituzionali contro gli ultimi Rom romeni rimasti in Italia. Sgomberate dai loro miseri insediamenti di fortuna, le famiglie che sono "nomadi" solo a causa di una persecuzione atroce, vagano da una città all'altra, in condizioni di salute e igiene sempre più disperate. Quando scorgono agenti delle forze dell'ordine, si buttano oltre le strade, nei fossi, dietro cespugli e mura oppure si danno alla fuga colte dal panico. Ormai sanno che le autorità esercitano violenze di ogni genere senza temere di pagarne le conseguenze e - anzi - prendendosi la crudele soddisfazione di denunciare le loro vittime per i reati di resistenza od oltraggio a pubblico ufficiale. E' sufficiente che un Rom si lamenti di fronte a botte e insulti o cerchi di proteggersi con le mani perché scatti la ritorsione. Per evitare tali maltrattamenti, il Gruppo EveryOne ha fornito alcune famiglie di lettere di tutela, sottoscritte dai leader dell'organizzazione, in cui si illustrano alle forze dell'ordine le leggi dell'Unione europea che proteggono il popolo Rom, con l'indicazione di un numero di telefono a cui risponde sempre un attivista. La lettera è un efficace deterrente contro gli abusi e a volte viene fotocopiata e distribuita ad altre famiglie in difficoltà, ma ne dispone solo una piccola parte dei Rom romeni in giro per l'Italia. E' uno strumento di protezione dei Rom perseguitati che irrita profondamente sindaci e assessori-sceriffi, questori e prefetti, i quali sentono limitato il proprio potere di vita e di morte sui poveri e gli emarginati, che la cultura xenofoba ha trasformato - ai loro occhi - in "nemici pubblici". Non è raro che i Rom braccati dalle forze dell'ordine si feriscano anche in modo grave, cercando di sottrarsi alla loro persecuzione e non è raro, purtroppo, che le donne incinte perdano i bambini, nel tentativo di sfuggire ai loro aguzzini. Oggi, 30 aprile 2009, si è tenuta una preghiera collettiva, cui hanno partecipato alcune famiglie Rom, insieme agli attivisti del Gruppo EveryOne e del Collettivo Sa Phrala, per ricordare Luca Iankovic, 26 anni, Rom di origine croata che ha perso la vita esattamente tre mesi fa, cadendo nel fiume Dora in località Collegno (Torino), per sottrarsi all'inseguimento da parte di carabinieri armati, che hanno esploso, durante l'azione, alcuni colpi di pistola. Il corpo di Luca, ormai saponificato e quasi irriconoscibile, è stato trovato solo il 25 marzo scorso. Il giovane viveva insieme alla moglie e a cinque figli in una baracca del campo di strada dell'Aeroporto. Vi sono particolari inquietanti, riguardo alla sua morte, a partire proprio dal ritrovamento tardivo del cadavere, mentre le sue scarpe e la giacca di pelle erano state ritrovate subito dopo la scomparsa. "Quella sera doveva andare a cenare in trattoria in compagnia di amici," spiega la moglie fra le lacrime, "ma non è più tornato a casa. Voglio sapere chi l'ha ammazzato, perché di certo non è annegato. Voglio sapere chi ha forzato la macchina di mio marito e buttato all’aria tutto all’interno, quella sera. Non mi convince la spiegazione che possa essere caduto nel fiume, perché quella sera i carabinieri hanno sparato almeno due colpi di pistola contro di lui. Perché nessuno mi comunica gli esiti dell'autopsia? Perché non si vuole fare chiarezza sulla sua morte?". Dopo un giorno riservato al dolore e alla preghiera, è necessario incalzare le autorità affinché siano sgomberate le ombre che circondano la tragedia, se ne identifichino gli eventuali responsabili e sia finalmente fatta giustizia.


fonte : http://piemonte.indymedia.org/article/4831

Bruciano la mano a una rom: non fa soldi con le elemosine

Bruciano la mano a una rom: non fa soldi con le elemosine
L’allucinante vicenda è emersa durante un controllo delle forze dell’ordine. La piccola era stata venduta e poi costretta con la violenza a mendicare


di redazione


Una cicatrice sulla mano. Un segno indelebile nella memoria di una bambina rom, costretta a elemosinare per strada sotto la minaccia continua di due slavi, Sima Jovanovic di anni 46enne e Mjriana Jovanovic 43enne, fermati oggi dalla squadra mobile di Napoli, impegnata in un’operazione di contrasto al fenomeno della riduzione in schiavitù di minori di etnia rom. La piccola ha raccontato agli agenti di essere stata venduta ai due quando aveva cinque anni. Da quel momento in poi, la sua vita era stata interamente dedicata all’accattonaggio e a piccoli furti. In un’occasione - racconta la bambina, mostrando i segni sulla sua piccola mano - i due slavi, insoddisfatti per soldi «guadagnati» per strada, decisero addirittura di punirla mettendo la sua mano in un braciere ardente per punirla dell’errore. Le indagini sono partite nel mese di dicembre del 2006 quando la minore fu affidata ad una casa famiglia, dopo essere stata sorpresa a commettere un furto. I due slavi sono stati rintracciati questa mattina nel campo rom in via San Salvatore a Casoria.

(sabato 14 marzo 2009)
fonte http://www.colonnarotta.it/Bruciano-la-mano-a-una-rom-non-fa

Gli slavi volevano uccidere l'Aquila

Gli slavi volevano uccidere l'Aquila.
L'Europa ha sottovalutato gli slavi
Ecco un video di come era l'Albania prima dell'arrivo delle uccisioni e dei genocidi slavi.L''Europa ha sotovalutato gli slavi e la loro politica.
fonte : http://made-in-albania.blogspot.com/2009/03/gli-slavi-volevano-uccidere-laquila.html

LA GENTE HA PAURA DEGLI ZINGARI

02 aprile
LA GENTE HA PAURA DEGLI ZINGARI

Prima di tutto vennero a prendere gli zingari
e fui contento, perché rubacchiavano.

Poi vennero a prendere gli ebrei
e stetti zitto, perché mi stavano antipatici.

Poi vennero a prendere gli omosessuali,
e fui sollevato, perché mi erano fastidiosi.

Poi vennero a prendere i comunisti,
ed io non dissi niente, perché non ero comunista.

Un giorno vennero a prendere me,
e non c'era rimasto nessuno a protestare.
Bertolt Brecht

La gente ha paura degli zingari ed in genere dei diversi. Questa paura genera poi spesso pregiudizi ed incomprensioni e questo porta alla nascita dell'odio e dell'intolleranza. Per poter sperare di creare un giorno una società più tollerante, è necessario conoscere gli altri, i diversi da noi; è assolutamente necessario considerare questi ultimi come portatori di una cultura, né migliore, né peggiore, ma solo diversa dalla nostra.
Gli zingari sono una minoranza che anche recenti studi hanno presentato come la meno accettata nella società occidentale: anche nell'immaginario collettivo degli italiani lo zingaro è rappresentato come "l'uomo nero", il cattivo, il rapitore di infanti, il ladro, il rissoso. Forse gli zingari non sono "gli uomini neri"!
Questa pubblicazione si ripropone di far conoscere un po' meglio gli zingari, la loro storia, loro cultura, "la loro particolare concezione del mondo e la loro umanità".
Non è sicuramente un testo esaustivo e completo, speriamo però faccia riflettere.
Zingari, zigani, zingani o gitani sono termini generici usati per indicare un insieme di diverse etnie, originariamente ritenute nomadi.
A causa della connotazione negativa che la parola zingari ha assunto, alcuni ritengono politicamente scorretto definirli con questo termine e perciò vengono da alcuni superficialmente o erroneamente anche definiti genericamente nomadi (anche se la maggior parte non lo è più), rom (ma non tutti lo sono), sinti (il nome di una delle etnie), oppure in modo totalmente erroneo anche rumeni o slavi a causa della cittadinanza di molti di loro, ma ovviamente solo una ristretta minoranza di cittadini rumeni e slavi sono zingari: non c'è infatti alcuna connessione tra il nome "rom" e il nome dello stato di Romania.
La storia, la cultura, le tradizioni, i miti di questo popolo sono stati sempre tramandati solo oralmente e raccontano la vita di chi ha sempre vissuto ai margini della nostra società.
La terra di origine di sinti e roma è l'India. Negli ultimi anni vari storici e soprattutto vari linguisti hanno ribadito l'origine indiana di questo popolo e la radice sanscrita del loro linguaggio.
Probabilmente i sinti e i rom nella scala sociale occupavano una posizione bassa: appartenevano o ad una delle caste inferiori o forse addirittura erano dei senza casta. Questo spiega perchè tra il V° e l'XI° secolo, carestie, guerre e l'indigenza li spinsero ad abbandonare la loro terra di origine e ad intraprendere, in piccoli o grandi gruppi, degli spostamenti verso la Persia e l'Armenia.
Si stima che la popolazioni romaní arrivò in Europa prevalentemente tra il XIV ed il XV secolo.Si ritiene che in Italia i primi immigrati di etnia rom e sinti siano arrivati nel 1392 come conseguenza della battaglia del Kosovo fra le armate ottomane e quelle serbo-cristiane che, con la vittoria delle prime, affermò l’influenza islamica nei Balcani.Nei secoli successivi la loro presenza si consolida in tutto il mondo.
Rom, Sinti, Kalé e Romanichals passeranno attraverso la storia fino ai nostri giorni superando persecuzioni di ogni genere: arresti di massa in Spagna nel XVIII secolo, la schiavitù in Romania (abolita solamente dopo il 1850), i campi di concentramento nazisti(con oltre 500.000 vittime zingare) ed i rigurgiti xenofobi dell'epoca attuale, testimoniando una capacità di resistenza alle avversità non comune ad altri popoli.
CONDIZIONI ABITATIVE IN ITALIA
Nel decidere la propria collocazione abitativa, gli zingari tendono a preservare l'unità della famiglia estesa (comprendente fino a 60 persone), cercando allo stesso tempo di non mescolarsi con altri gruppi.
La maggior parte degli zingari in Italia è stanziale e vive in case popolari e alloggi costruiti dai comuni o enti pubblici in aree specifiche, oltre che in case di proprietà o in affitto.
Esistono numerosi campi nomadi autorizzati dai comuni, dove le abitazioni sono costituite da container, roulotte, tende e baracche. Le condizioni igieniche e di sicurezza abitativa sono talvolta precarie, e non sono rari gli incendi e gli incidenti mortali dovuti all'utilizzo di candele (mancanza di elettricità). Oltre ai campi autorizzati, esistono diversi campi abusivi, abitati principalmente da rom dell'est Europa.Tra le problematiche italiane vi è il fatto che in Italia esiste ancora il concetto di residenza e domicilio , mentre in Europa non vi è questa distinzione. Problematiche logistiche secondarie subentrano quindi anche per l'intestazione dei libretti di circolazione, delle assicurazioni e delle pratiche amministrative in genere e la mancanza di strutture del tipo Campo Caravan
Un altro aspetto logistico non indifferente, in collegamento con gli incidenti/incendi, è che in Italia, a differenza dell'europa, il mercato degli accessori legati ai mezzi Camper e Caravan è molto meno sviluppato, specie nella fornitura delle bombole di gas; ad oggi, la struttura e funzionamento delle bombole di gas in Italia non é stata più sviluppata, sia per il completamento della rete abitativa, sia per il non interessamento e sviluppo del turismo nei Camping. Quindi, volendo osservare, l'Italia ha tutt'ora i vecchi bomboloni di Gas in acciaio/ferro , con sistemi di valvole vecchi. All'estero, vi sono delle piccole bombole Butano / Propano di nuova concezione e materiale leggero e manovrabile con valvole di sicurezza di nuova concezione. Inoltre, la vendita é presente in ogni stazione di servizio / benzinaio.
LA SCUOLA
Per molti secoli i sinti ed i rom non hanno conosciuto la scuola. Imparavano vivendo in famiglia e nel clan. In questo modo apprendevano tutto ciò che era utile ed importante per sopravvivere.
I giovani conoscevano la storia del loro popolo dai racconti dei vecchi che tramandavano, solo oralmente, la cultura zingara. Questo modo di apprendere è entrato in crisi negli ultimi secoli, dopo che la rivoluzione industriale ha imposto nuovi modelli economici e culturali. Il fatto di essere analfabeti ha, per esempio, creato non pochi problemi agli zingari nel momento in cui hanno dovuto avere rapporti con la burocrazia dei vari stati: anche attraversare un confine diventa un grosso problema per chi non sa leggere e scrivere e non può dunque controllare dei documenti.
Oggi anche i sinti e i rom che svolgono una attività economica, per esempio gestiscono delle giostre o dei piccoli circhi, devono tenere dei libri contabili, devono dunque conoscere le leggi, le norme, le disposizioni vigenti.
Diventa dunque importante che i ragazzi zingari possano frequentare le scuole e lo possano fare con continuità e non sentendosi degli "intrusi".
Perchè questo non succeda è però necessario che la loro cultura, i loro usi e costumi siano conosciuti dagli insegnanti e dagli altri ragazzi, e sia rispettata la loro diversità.
Per permettere agli zingari di frequentare le scuole con continuità e profitto sarebbe importante o costruire dei campi-sosta attrezzati nei quali le famiglie si possano fermare per più tempo garantendo così la frequenza dei figli a scuola , o istituire, proprio per loro, delle scuole itineranti, nelle quali cioè anche gli insegnanti viaggino assieme ai ragazzi; questo sarà possibile nel momento in cui ci saranno dei maestri sinti o rom.
IL LAVORO
Per molti secoli i sinti e i rom hanno esercitato dei lavori che erano in accordo con il tipo di vita nomade che facevano.
I diversi gruppi di zingari si sono specializzati in lavori diversi e queste professioni sono state tramandate dai padri ai figli. E' per questo che alcuni gruppi di zingari portano ancora oggi un nome che proviene proprio dal lavoro che faceva il gruppo. Così ci sono:
♠i lovara (dalla radice linguistica ungherese lov, cavallo): rom allevatori soprattutto di cavalli,
♣i kalderasha (dal tardo latino caldaria, pentola): rom calderai o fabbri,
♦i lautari (dalla stessa radice di liuto): rom musicisti, soprattutto di chitarra e di violino.
Altre professioni esercitate dagli zingari sono:
- il commercio di oggetti di artigianato; soprattutto oggetti in metallo o in vimini che i sinti costruiscono con molta abilità,
- lo spettacolo ambulante; esistono ancora alcuni piccoli circhi gestiti da zingari ed alcuni sinti lavorano ancora nelle giostre e nei Luna Park,
- la chiromanzia,
- il lavoro saltuario in agricoltura, in particolare per la raccolta di olive e di agrumi.
Molti di questi lavori offrono però ben poca possibilità di guadagno nella nostra società dei consumi: nessuno fa più aggiustare una pentola rotta, pochi si fermano ad ascoltare dei musicisti ambulanti, pochi commerciano in cavalli, il circo non è più un' attrattiva.
Rimangono così poche possibilità di lavoro per gli zingari anche perchè, fino ad oggi, hanno frequentato poco le scuole e dunque è per loro particolarmente difficile trovare una nuova occupazione.
E' forse per questo che alcuni giovani zingari, soprattutto dei gruppi più poveri, cadono nella rete tesa dalla malavita.





De Andrè e gli zingari
“(…) è il caso del popolo Rom, quello che noi volgarmente chiamiamo “Zingari” prendendo a prestito il termine da Erodoto, che li chiamava “Zinganoi” - diceva che era un popolo che veniva dal sud-est asiatico, dall’India, che parlavano una strana lingua - che poi si è scoperto essere il Sanscrito - e che facevano un mestiere (se mestiere lo si può considerare): quello del mago e dell’indovino.
E’ quindi un popolo che gira il mondo da più di 2000 anni, afflitto o affetto - io non so come meglio dire, ma forse semplicemente affetto - da quella che gli psicologi chiamano “dromomania”, cioè la mania dello spostamento continuo, del viaggiare, del non fermarsi mai in un posto. E’ un popolo, secondo me, che meriterebbe - per il fatto, appunto, che gira il mondo da più di 2000 anni senza armi - meriterebbe il premio per la pace in quanto popolo.
Purtroppo i nostri storici - e non soltanto i nostri - preferiscono considerare i popoli non soltanto in quanto tali ma in quanto organizzati in nazioni, se non addirittura in stati, e si sa che i Rom - non possedendo territori - non possono considerarsi né una nazione né uno stato. Mi si dirà che gli zingari rubano; è vero, hanno rubato anche in casa mia. Si accontentano, però, dell’oro e delle palanche; l’argento non lo toccano perchè secondo loro porta male, lascia il nero - quindi vi accorgete subito se siete stati derubati da degli zingari. D’altra parte si difendono come possono; si sa bene che l’industria ha fatto chiudere diversi mercati artigianali. Buona parte dei Rom erano e sono ancora artigiani, lavoratori di metalli (in special modo del rame), addestratori di cavalli e giostrai - tutti mestieri che, purtroppo, sono caduti in disuso. Gli zingari rubano, è vero, però io non ho mai sentito dire - non l’ho mai visto scritto da nessuna parte - che gli zingari abbiano rubato tramite banca. Questo è un dato di fatto.”

Da “princesa e i Rom” - Fabrizio De Andrè, in un discorso durante un concerto.

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«Mi insultava mentre pregavo» Egiziano spinge romeno sotto il treno

«Mi insultava mentre pregavo» Egiziano spinge romeno sotto il treno



All'inizio sembrava un incidente, ma poi il 25enne ha confessato di aver agito per odio razziale
MILANO - Quello che lunedì sera era sembrato un drammatico incidente ferroviario, capitato alle porte di Milano a un romeno di 39 anni, si è rivelato invece un omicidio a sfondo razziale, compiuto da un egiziano di 25 anni che ai carabinieri ha confessato il suo odio per le popolazioni slave. I fatti risalgono alle 23 di lunedì scorso. La Polfer ha rilevato la morte di Mortu Marian, travolto da un treno partito dalla stazione di Porta Genova nei pressi di San Cristoforo. Poco dopo, i carabinieri sono costretti a intervenire nella stessa zona per sedare una rissa tra un gruppo di cittadini della Romania e un giovane nordafricano, irregolare e senza fissa dimora.

PAROLE BLASFEME - Condotto in caserma, l'uomo ha subito confessato di aver spinto sotto al treno un connazionale dei suoi aggressori, perché in precedenza lo aveva offeso con parole blasfeme mentre stava pregando. A questo punto l’egiziano lo avrebbe colpito con un calcio, al quale il romeno avrebbe risposto con un pugno. Ne è nata una violenta colluttazione, al culmine della quale l’egiziano ha spinto il romeno contro un treno che passava in quel momento. Secondo i carabinieri l’uomo sarebbe morto sul colpo, dopo aver urtato violentemente il capo contro uno dei vagoni. Interrogato dal magistrato martedì mattina, l'egiziano ha confermato la versione dei fatti resa ai carabinieri, sottolineando il suo odio per gli slavi. «Dalla terra vengono e alla terra devono tornare», «vengono in Italia per chiedere l’elemosina e rubare», avrebbe detto al magistrato. Non è escluso che il magistrato possa contestare al fermato l’eventuale aggravante di aver agito per motivi di odio razziale.
fonte : http://milano.corriere.it/milano/notizie/cronaca/09_aprile_29/egiziano_uccide_romeno_odio_razziale-1501307808440.shtml

L’ALLARME SOCIALE DEI BAMBINI SFRUTTATI

L’ALLARME SOCIALE DEI BAMBINI SFRUTTATI

Prosegue da fin troppo tempo il fenomeno dei piccoli rom elemosinanti sfruttati dagli adulti nei mezzi pubblici napoletani, scarsi i provvedimenti per evitare questi "commerci".


Fino agli anni novanta erano i tossicodipendenti a detenere il primato di presenza negli elettrotreni della circumvesuviana, oggi invece prende sempre più consistenza il fenomeno degli extracomunitari che chiedono elemosina durante i tragitti dei treni che circondano il Vesuvio. Il fenomeno di certo non è sconosciuto all’amministrazione della Circumvesuviana in cui gli episodi si stanno ripetendo con sempre maggiore partecipazione da parte di gruppi nomadi. Non è purtroppo possibile controllare facilmente l’entrata nei treni di gruppi rom.

A rendere ancora più gravosa la questione è il continuo coinvolgimento di minori, piccoli nomadi che vengono sfruttati per chiedere denaro, spesso in modo insistente, senza fermarsi al "no" dei passeggeri o all’indignazione dei turisti, perseverando con cantilene predefinite con lo scopo di indurre i cittadini alla compassione. Spesso suonano fisarmoniche, altre volte fingono pianti, altre volte ancora provano la carta della simpatia. Le mancate denuncie e la difficoltà a gestire i viaggi di queste persone, rendono più difficile la risoluzione del problema. Un vero e proprio pericolo sociale per centinaia di minori a cui è negata la possibilità d’integrazione e di partecipazione scolastica.

Questa forma di "commercio alternativo" produce cospicui guadagni perché questi minori lavorano dalla mattina alla sera, impegnandosi per evitare ritorsioni fisiche dai loro tutori adulti che, in caso di scarso rendimento, terrorizzano i minori con violenze fisiche e psicologiche. È di un mese fa ad esempio, la notizia del fermo effettuato dalla squadra mobile di Napoli di due slavi del campo rom a Casoria che, insoddisfatti della produttività economica di una bambina rom costretta ad elemosinare, avevano punito la minore mettendo la sua mano in un braciere ardente.

La metodologia usata è quasi sempre la stessa: l’accompagnatore adulto attende nelle zone di apertura porte dei treni mentre uno o più minori lavora tentando di convincere le persone nei vagoni ferroviari.
Dopo le ore di attività si torna nelle baraccopoli, in condizioni disumane senza energia elettrica o acqua corrente. Va specificato inoltre che il giro economico non si limita all’arricchimento degli adulti che inducono alla schiavitù i minori, bensì questa forma di guadagno arricchisce anche la camorra.

Già "la Repubblica" nel maggio del duemilaotto riportava la notizia "Napoli, anche i rom pagano il pizzo. Alla camorra 50 euro a baracca". È stato infatti dimostrato che in alcune zone della periferia napoletana questi nomadi sono costretti a pagare mensilmente il suolo delle baracche, generando così un’assurda gerarchizzazione di sfruttamento, dalla camorra ai nomadi e dai nomadi ai minori, gli unici a pagare il prezzo più alto: la loro infanzia negata.


Autore: Amedeo Zeni
fonte : http://www.ilmediano.it/aspx/visArticolo.aspx?id=5419

Stuprata a Milano, gli inquirenti sulla pista del branco

Stuprata a Milano, gli inquirenti sulla pista del branco

di Claudia Guasco
ROMA (27 aprile) - Dal letto dell’ospedale del San Gerardo di Monza, dove è ricoverato con il naso rotto, problemi un occhio e il corpo pesto a furia di botte, Giuliano non si dà pace: «Non sono riuscito a salvarla. Avrei dovuto fare qualcosa, impedire che le facessero del male».

Il pasticciere ventinovenne è distrutto e ogni suo pensiero è per Ilaria, la fidanzata che venerdì sera è stata violentata da quattro stranieri sbucati dai capannoni abbandonati dell’ex area industriale di Sesto San Giovanni. La ragazza, curata alla Mangiagalli, è tornata a casa ma è sconvolta e ancora in stato di shock.

E agli agenti della Squadra mobile è riuscita a fornire una descrizione solo sommaria della banda che venerdì notte ha aggredito, picchiato e derubato lei e il fidanzato: «Parlavano con accento dell’est, erano slavi o romeni». Le facce degli aggressori continuano a muoversi confusamente nella sua mente, anche perché i quattro erano camuffati con i cappucci delle felpe. Ma ogni dettaglio, in questo momento, è un elemento prezioso nella caccia serrata al gruppo di stupratori.

La pista dei telefonini. Il cellulare della ragazza è sparito e questo potrebbe essere l’errore commesso dai quattro: rubarlo insieme ai gioielli, ai soldi e alle chiavi della Renault Clio sulla quale i due giovani erano a bordo, equivale ad avere in tasca un segnalatore di posizione. «Aspettiamo solo che lo accendano», spiegano gli inquirenti. Loro o quelli a cui possono averlo venduto: quando la cellula aggancia il segnale, porta dritto a chi ha in tasca il telefono. Intanto da sabato gli agenti stanno battendo a tappeto la zona: esplorano metro per metro i capannoni intorno a via dell’Isola, passano al setaccio le baracche spuntate come funghi nell’area delle ex acciaierie Falck. La zona periodicamente viene ripulita, passano le ruspe e si abbattono i rifugi di fortuna, ma nel giro di qualche ora assi e lamiere vengono rimesse in piedi a cinquanta metri di distanza. E la Mobile cerca proprio in quel popolo di disperati gli aguzzini di Giuliano e Ilaria, fra gli immigrati dell’est senza fissa dimora che dormono su un materasso buttato per terra tra i rifiuti. La giovane ha fornito un dettaglio importante: «Puzzavano in un modo orribile».

Foto e dna. Già sabato, nonostante la memoria offuscata dal terrore, Ilaria ha ricostruito la dinamica dell’aggressione e la lunga violenza subita, è riuscita a mettere insieme alcuni spunti dai quali gli investigatori sono partiti per dare un nome ai suoi carnefici. Come erano vestiti, la loro fisionomia, alcuni particolari fisici, le frasi gridate ai due giovani. Un mosaico al quale la giovane commessa continua ad aggiungere, faticosamente e con dolore, elementi utili a un primo, sommario identikit mentre gli agenti stanno raccogliendo negli archivi della polizia le foto segnaletiche di persone con precedenti specifici da mostrare alla ragazza. Un lavoro certosino dal quale distillare una prima rosa di sospettati.

Gli esperti della squadra specializzata nei casi di violenze sessuali della Questura, coordinati dal pm monzese Giordano Baggio, hanno già effettuato tutti i prelievi necessari sui due fidanzati per estrarre il dna dei loro aggressori e procedere ai riscontri con le schede inserite nella banca dati a disposizione delle forze dell’ordine. Intanto la terribile vicenda personale di Ilaria e Giuliano diventa un caso politico. Per Davide Boni della Lega ciò che è accaduto a Sesto, «roccaforte di quella sinistra che ha sempre sottovalutato l’allarme clandestini», richiede di «applicare in modo rigido le norme vigenti, senza nascondersi dietro un falso buonismo che ha determinato un vero e proprio assalto alle nostre città». E il vice sindaco Riccardo De Corato si appella alle cifre: «Su 18 stupri commessi a Milano da inizio anno, 16 hanno responsabili non italiani».

fonte : http://www.ilmessaggero.it/articolo.php?id=56091&sez=HOME_INITALIA&ssez=CRONACANERA

Fermati tre bambini, tentavano di rubare in un appartamento

Fermati tre bambini, tentavano di rubare in un appartamento


Questa è una brutta storia, di sfruttamento minorile. La polizia ha fermato ieri mattina in via S. Giuliano tre bambini di 10, 11 e 12 anni mentre si accingevano a rubare in una casa. Sono stati visti mentre cercavano di introdursi da una finestra: qualcuno ha chiamato una volante, che dalla vicina questura si è precipitata sul posto. I tre minori, nomadi slavi residenti in un campo a Torino, sono stati condotti in un centro di accoglienza, dove la madre di uno di loro è venuta a riprenderseli. C'è il sospetto che i piccoli siano sfruttati per colpi e furti a domicilio perchè in grado di calarsi da lucernari e da aperture di esigue dimensioni, in virtù della loro piccola costituzione fisica.
fonte : http://www.piacenzasera.it/

PICCHIANO LUI E VIOLENTANO LEI, SI CERCANO 4 SLAVI

PICCHIANO LUI E VIOLENTANO LEI, SI CERCANO 4 SLAVI
Calci e pugni su di lui e violenza sessuale ripetuta su di lei. E' accaduto a una coppietta, 29 anni lui e 26 lei, che ieri sera, intorno alle 23, e' stata sorpresa da alcuni giovani, forse quattro persone di origine slava, mentre era appartata in auto. L'aggressione e' avvenuta dalle parti di via Isola a Sesto San Giovanni (Milano). Secondo quanto si apprende la 'banda' ha prima picchiato l'uomo, fino a fratturargli il naso, e poi si e' accanita sulla giovane che e' stata piu' volte violentata. La coppia e' riuscita a raggiungere un locale nelle vicinanze e a dare l'allarme, solo quando gli aggressori si sono allontanati. Sul caso indaga adesso la Squadra Mobile di Milano. (AGI) (25 aprile 2009 ore 12.43)

http://espresso.repubblica.it/dettaglio/milano-12:43/3656248/7